"La previsione della riconversione in studentato di questo quartiere olimpico avrebbe dovuto anche tener conto del piacere dell’abitare inteso come luogo del benessere ma questi palazzoni grigi di una decina di piani, senza nessuna terrazza o balcone che comunichi con l’esterno sembrano non rappresentare Milano e la sua identità di
capitale del design."
Il nuovo Villaggio Olimpico in costruzione a Milano, firmato dallo studio SOM e realizzato da CMB, si erge in
una posizione strategica nei pressi di Porta Romana, a due passi da poli culturali e attrattivi come la
Fondazione Prada. Con un investimento complessivo di circa 340 milioni di euro, finanziato da Coima, il
progetto è concepito in vista delle Olimpiadi e, successivamente, per essere riconvertito in un vasto
studentato.
Tecnicamente, l'intervento si articola in un sistema modulare composto da edifici di sette piani ciascuno,
realizzati con una struttura in acciaio e cemento armato. Le facciate, realizzate in vetro e alluminio, sono
studiate per garantire elevate prestazioni in termini di isolamento termico ed efficienza energetica,
rispondendo alle direttive green della città. Il complesso integra anche spazi comuni e aree di
socializzazione, elementi fondamentali per una futura vita studentesca, e soluzioni innovative per la
sostenibilità, come l'uso di fonti rinnovabili e sistemi di recupero delle acque piovane.
Nonostante queste scelte tecniche all’avanguardia, l’insieme risulta sorprendentemente anonimo:
l’omogeneità dei volumi e la ripetitività degli elementi architettonici richiamano un “alveare sovietico”, in
netto contrasto con la ricchezza storica e culturale del quartiere. Il Comune di Milano, che ha approvato
l’operazione, sembra aver sprecato un’occasione unica per valorizzare un’area così centrale, affidandosi a
soluzioni standardizzate anziché a un progetto che dialoghi realmente con il contesto urbano. Una
trasformazione che, pur promettendo funzionalità e sostenibilità, rischia di lasciare in eredità un complesso
privo di identità e in armonia con il tessuto della città.
D’accordo la funzionalità è un’esigenza, come dovrebbe essere il controllo dei costi di realizzazione ma
queste urgenze non escludono a priori una ricerca stilistica architettonica accurata. La previsione della
riconversione in studentato di questo quartiere olimpico avrebbe dovuto anche tener conto del piacere
dell’abitare inteso come luogo del benessere ma questi palazzoni grigi di una decina di piani, senza nessuna
terrazza o balcone che comunichi con l’esterno sembrano non rappresentare Milano e la sua identità di
capitale del design. Se ne ricava una visione anonima che ha per altro già fatto emergere molte critiche e
polemiche da più parti, insomma un’occasione sprecata.
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